Microbiota intestinale e cervello
Vi è un crescente interesse nell’ultimo decennio sul cosiddetto “asse intestino – cervello”. È sempre più evidente infatti che un “intestino malsano” può portare ad un “cervello malsano” in termini di sviluppo neurologico, funzione cerebrale e malattie neurodegenerative. Un microbioma intestinale più diversificato è generalmente considerato sano (in assenza di specie batteriche patogene elevate) ed è stato associato a un migliore apprendimento/memoria e flessibilità comportamentale e, al contrario, una bassa diversità microbica è collegata a compromissione delle capacità cognitive.
Diversità del microbiota intestinale e processi correlati
I batteri intestinali sono regolatori di processi di base come la digestione lungo il tratto gastrointestinale, mediando l’estrazione, la sintesi e l’assorbimento di nutrienti e metaboliti. Inoltre, mediante la competizione per i nutrienti, la produzione di batteriocine e il mantenimento dell’integrità dell’epitelio intestinale, i batteri commensali promuovono una prima risposta immunitaria contro i batteri Inoltre, la diversità e la composizione dei batteri intestinali determina l’abbondanza di metaboliti derivati dal microbiota, neurotrasmettitori e acidi grassi a catena corta (SCFA, ad esempio butirrato , propionato e acetato), che sono i principali prodotti finali della fermentazione microbica nell’intestino.
Ruolo del butirrato e correlazione con il cervello
La concentrazione di butirrato è correlata alla produzione di mucina, ha effetti antinfiammatori e aumenta i livelli di proteine nelle giunzioni strette, favorendo infine il mantenimento della barriera intestinale e riducendo la permeabilità intestinale della mucosa. Lo squilibrio nei suddetti processi è associato a compromissione dell’integrità e della funzionalità intestinale, con conseguente alterazione della permeabilità intestinale e infiammazione intestinale, creando un ambiente intestinale aberrante. Questo profilo genera un ambiente di molecole di segnalazione che alla fine possono comunicare con il cervello attraverso la comunicazione neurale (nervo vagale), la segnalazione endocrina (incluso l’asse ipotalamo-ipofisi-surrene (HPA)) e il sistema immunitario (citochine), modulando la funzione cerebrale, il comportamento e, soprattutto, la cognizione.
L’asse intestino-cervello nelle malattie neurodegenerative
Studi contenenti dati preclinici e clinici hanno associato la disbiosi intestinale con una serie di malattie neurodegenerative, tra cui il morbo di Alzheimer (AD), il morbo di Parkinson (PD), la sclerosi laterale amiotrofica (SLA, la forma più comune di malattia dei motoneuroni) e, più recentemente, la malattia di Huntington (HD). Studi su topi privi di germi hanno dimostrato deficit cognitivi dovuti all’assenza di microbi, corroborando il legame critico che l’asse intestino-cervello ha con la cognizione e la sua modulazione.
Dieta e malattie neurodegenerative
Esistono studi approfonditi che documentano una stretta relazione tra modelli alimentari e fattori di rischio per malattie neurodegenerative. Ad esempio, ci sono prove che l’alto consumo di grassi saturi aumenti la neurodegenerazione in AD e PD, aumentando stress ossidativo e perossidazione lipidica. Altri studi hanno dimostrato che l’aumento del consumo di grassi saturi induce una risposta infiammatoria per cui le cellule immunitarie periferiche vengono reclutate nel sistema nervoso centrale, il che potrebbe spiegare l’esacerbazione dei sintomi nelle malattie menzionate in precedenza.
Ruolo del DHA nelle malattie neurodegenerative
Gli omega – 3, a cui appartiene l’acido docosaesaenoico (DHA), mostrano effetti antidepressivi e sono in grado di migliorare le prestazioni cognitive compreso l’apprendimento e la memoria Il DHA è noto per promuovere la crescita e l’apprendimento neuronale, così come la neuroimmunomodulazione, e diversi studi epidemiologici hanno rivelato che un’elevata assunzione dietetica di DHA e altri PUFA, era associata a un ridotto rischio di AD, PD, HD e SLA, nonché al miglioramento dei sintomi depressivi nel PD. Inoltre si è visto come i livelli di DHA nei soggetti con AD e PD erano estremamente ridotti. Studi preclinici hanno anche chiarito i meccanismi con cui DHA riduce neuroinfiammazione e il carico di amiloide-beta nel cervello di AD, oltre ad attenuare la morte neuronale dopaminergica nel PD attraverso l’attivazione delle vie Akt/p-Akt e Bcl-2.
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Conclusioni
Gli effetti negativi dello stress sulla disbiosi intestinale, associati all’esacerbazione della patogenesi e dei disturbi neurologici, suggeriscono che il microbiota intestinale potrebbe essere un bersaglio di stress nelle malattie neurodegenerative. L’integrazione con sostanze che modulano il microbiota intestinale quali acidi grassi omega 3 e probiotici potrebbe quindi risultare una strategia vincente per attenuare i sintomi delle malattie neurodegenerative.
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References
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